Viaggio in Cina, tra i Moso, dove comandano le donne

donne-comC’è una contrada del mondo dove è la donna che comanda sull’uomo, dove non esiste il femminicidio e, anzi, la violenza è bandita del tutto e dove si educa all’uguaglianza. La raccontano in un documentario di taglio giornalistico, fitto di informazioni ma anche ricco di immagini suggestive, l’antropologa e scrittrice Francesca Romana Freeman e Pio d’Emilia, giornalista profondo conoscitore dell’Oriente asiatico (durata 56’, anno 2014).  Titolo: “In nome della madre”. E’ fra i 13 film che proietteremo al Trevignano FilmFest che si aprirà venerdì 23 settembre, e di cui la settimana prossima diffonderemo il programma.

Siamo nella terra dei Moso, minoranza etnica di circa 40 mila persone, che vivono in vari villaggi attorno al Lago Lugu, nella regione cinese dello Yunnah, proprio ai piedi dell’altipiano tibetano. È la dabu, cioè la donna anziana, che guida la famiglia, e tutti i suoi discendenti portano il nome materno. E quando la dabu muore, se ne adotta un’altra, fuori della famiglia. Questo sistema familiare non contempla il matrimonio, né la convivenza. Le donne hanno a disposizione una loro camera (la camera dei fiori) dove si intrattengono con i loro partner, generalmente durante la notte. E l’uomo, dopo l’amore, se ne torna nella casa in cui vive, quella materna.

Il ruolo “paterno” viene esercitato dagli zii materni, e non dal padre, che ha con i figli un rapporto affettivo, senza però fruire di diritti o avere obblighi materiali e che, come detto, non abita con la sua compagna. Non ci sono matrimoni ma semplicemente “unioni in cammino”. Nascere femmina è dunque una benedizione, fra i Moso.  Nella casa materna c’è anche un altro locale del tutto particolare: la “stanza dei misteri”, dove si nasce e dove si muore. Non si festeggiano compleanni, né anniversari: l’unica data che viene ricordata è quella della morte, alla quale segue la pubblica cremazione, procedura tollerata dalle autorità cinesi, che la vietano nel resto del paese. E l’unico vero culto è quello degli antenati. Si crede anche nella reincarnazione: “Spero che la mia prossima vita sia bella, e lo spero anche per tutti gli animali” spiega sorridendo una donna, col suo fazzoletto in testa rosso violaceo.

La festosa macchia di quei turbanti e il sorriso è uno dei tratti dominanti di quel documentario. Nascere donna è dunque una benedizione, fra i Moso. Ma adesso nella loro contrada irrompe il turismo, portando benessere, assieme però al rischio di una contaminazione che faccia perdere le loro tradizioni. Per ora riescono a mantenerle, puntando molto sulla scuola. (C.G.)