Quante registe! Ecco la scheda di Difret, una storia che commuove

difret-fotoTanti film diretti da donne, al Trevignano FilmFest che si aprirà il 23 settembre. Oggi ne presentiamo uno, “Difret”, di Zeresenay Mehari. La scheda che leggete qui sotto è tratta da un opuscolo, realizzato grazie allo sponsor Bnl, che distribuiremo a tutti gli spettatori, firmato dal nostro direttore artistico, Fabio Ferzetti, con le più importanti recensioni straniere sui film in programma, curate da Michele Concina. A proposito di programma, lo diffonderemo la prossima settimana.

di FABIO FERZETTI

Etiopia, 1996. In un villaggio non lontano da Addis Abeba un gruppo di uomini a cavallo insegue e cattura una ragazzina che esce da scuola, come fosse una preda. La “caccia” è filmata come un rito collettivo ed entusiasmante. I cavalli galoppano, gli uomini ridono e scherzano, per loro è una festa. Ma una volta catturata la povera Hirut, 14 anni, viene picchiata e violentata dal suo rapitore, secondo un’antica tradizione ancora molto diffusa nelle zone rurali del paese, la “telefa”. Disperata, Hirut riesce a liberarsi e fugge trascinandosi dietro uno dei fucili degli uomini. Ed è con quello che uccide il suo violentatore, lanciatosi all’inseguimento con i suoi compari per riprendersi quella che, come vuole la “telefa”, dovrà diventare sua moglie…

Inizia così questo film prodotto da Angelina Jolie e ispirato alla storia vera di Aberash Bekele, che mise a rumore l’Etiopia vent’anni addietro. Benché illegale fin dagli anni 50, la pratica del rapimento a scopo di matrimonio nelle campagne è ancora largamente praticata e tollerata, come si vede in “Difret”, che in amarico significa sia coraggio sia violenza carnale. Traumatizzata e ferita, Hirut verrà difesa da una avvocatessa accorsa dalla capitale, Meaza Ashenafi, componente di un’associazione che offre assistenza legale alle donne in difficoltà, la Andenet.

Sarà un cammino lungo e accidentato, per l’una e per l’altra. Secondo una mentalità largamente diffusa non solo negli strati rurali, come mostra il personaggio del magistrato che rappresenta l’accusa, Hirut è colpevole e rischia la pena di morte. Perfino la sua famiglia, che non vede di buon occhio i suoi studi e la vorrebbe al lavoro nelle campagne, è divisa al riguardo. Il tempestoso consiglio degli anziani al villaggio testimonia quanto sia controverso quel caso nella sua terra. E la lunga battaglia legale che si scatena rischia di strumentalizzare la sua storia.

Proprio questi aspetti evitano che “Difret” prenda la strada dolciastra del racconto edificante. Eppure il film stesso, osannato ovunque nel mondo, premiato al Sundance e a Berlino, è stato duramente contestato dalla vera Bekele, che sostiene di non essere stata interpellata dalla produzione e, invocando ragioni di sicurezza personale, ha perfino ottenuto il divieto di proiezione del film in patria.