Da Lampedusa al Messico con Monica Guerritore e Carlotta Sami

Da Lampedusa al Guatemala. Dall’Italia al Messico. Dall’Iraq alla Svezia per esplorare un’emergenza che ha  mille facce ed esige mille risposte diverse.  Alla vigilia della chiusura, il Trevignano Film Fest  compie un intero  giro d’orizzonte senza mai allontanarsi dal centro dell’edizione di quest’anno. A pochi giorni dall’anniversario della tragedia di Lampedusa, Carlotta Sami, portavoce dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, è venuta a ricordare le 140 mila persone salvate fino ad oggi dall’operazione “Mare Nostrum”, avviata dall’Italia nell’ottobre del 2013, ma anche i 3 mila scomparsi in mare da gennaio 2014 ad oggi. “Chiediamo che questo intervento non cessi, ma che diventi di taglio europeo. Un’operazione di salvataggio, però, perché “Frontex Plus”, di cui si parla, ha il carattere di un mero pattugliamento”.

Un regista nato a Bologna da madre emiliana e padre ghanese, intervista giovani di ogni colore e con i più diversi accenti regionali, veneto, napoletano, romano, piemontese, per  denunciare lo scandalo tutto italiano della cittadinanza negata con ogni possibile pretesto  anche a chi in Italia è nato e vive da sempre, tanto da sentirsi in tutto e per tutto italiano, malgrado le diffidenze e i pregiudizi con cui si scontra ogni giorno . E’ 18 Ius Soli, di Fred Kuwornu,  che mette a fuoco con allegra spietatezza la miopia di un paese pronto a tutto per “difendersi” da chi viene da mondi lontani. Senza capire quanta energia potrebbero portare in Italia questi “nuovi” concittadini nati da genitori che vengono dall’Africa o dall’Asia.

E infatti l’Italia è sempre più vista solo come un luogo di passaggio, un paese ottuso e ostile, da attraversare per dirigersi verso nazioni più aperte e dinamiche. Una  “Terra di transito”, per dirla col titolo del documentario di Paolo Martino, che segue con passione e rigore le vicissitudini di Rahell, esule irakeno costretto dalle leggi vigenti nell’unione europea a fermarsi in Italia senza poter raggiungere la famiglia in Svezia.

Ma è possibile che sia il caso a decidere il destino di migliaia di migranti e rifugiati? E se le leggi non bastano, se la mentalità dominante non cambia, se la nostra capacità di assorbire e metabolizzare il fenomeno dei grandi flussi migratori è così ostinatamente in ritardo, cosa possono fare  i  media? E come possono affrontare questa eterna emergenza, dal loro punto di vista, artisti e narratori?

E’ la domanda che sta dietro “La gabbia dorata” di Diego Quemada Diez, un capolavoro premiato con la caméra d’or a Cannes, dieci anni di ricerche e sopralluoghi per raccontare l’odissea di tre ragazzini partiti dal Guatemala alla volta degli Stati Uniti. Senza quelle cadute nella retorica e nel luogo comune che affliggono tanto cinema impegnato, ma con un verismo, una secchezza, un’adesione sentimentale che sonno andate dritte al cuore degli spettatori di Trevignano.

Ma la stessa scommessa – trovare le immagini e le parole per raccontare questi mondi – è alla base di due generosi esperimenti tutti italiani. Il primo è il  concorso lanciato dal Cir (Consiglio Italiano per i Rifugiati) che invita registi e film maker a realizzare brevissimi corti (due minuto al massimo) sul tema dei richiedenti asilo politico.- Un’iniziativa presentata a Trevignano da Roberto Zaccaria e da Monica Guerritore che, intervistata da Luciana Capretti,  ha letto anche brani dal romanzo di Giuseppe Catozzella, “Non dirmi che hai paura”,  dedicato all’atleta somala Samia,  morta drammaticamente nelle acque di Lampedusa.

Mentre Valerio Cataldi ha realizzato per TG2 dossier, con il patrocinio dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, un docu-drama che ripercorre in quattro storie il naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa. Con le voci di Carolina Crescentini,  Francesco Pannofino,  Simone Crisari e Francesco Venditti, che si calano nei panni di superstiti e familiari delle vittime.

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